Non solo di vinili
Comunicare

Di cosa è fatta un’eredità musicale? Non solo di vinili

Quando è morto Stefano D’Orazio, batterista storico dei Pooh, ho ricevuto molti messaggi di vicinanza dagli amici di sempre. Quelli, per intenderci, che mi conoscono da prima dei social, che comprendono tutto di me e sanno benissimo che trovo la mia comfort zone tra le loro note degli anni 70 e 80.

Anche adesso mentre scrivo ci sono loro in sottofondo

Conosco tutti (tutti!) i loro album a memoria almeno fino a metà degli anni ‘90, dalle canzoni che fanno parte della storia ai brani supermegasconosciuti, dalle più autentiche alle meno riuscite.

Il sapore della loro musica, per me, è più legato all’idea di famiglia che ad una scelta puramente stilistica.

La loro musica l’ho ascoltata, letteralmente, già dall’asilo, quando mia sorella preadolescente iniziava a cercare la propria identità musicale anche se influenzata dalle nostre cugine più grandi. Quindi sì, la mia passione per i Pooh non corrisponde esattamente ad una scelta autonoma e consapevole, ma direi che somiglia più ad un percorso guidato nei meandri dei ricordi.

E funziona esattamente così per me, i Pooh sono famiglia, forse per questo ho ricevuto il cordoglio dei miei amici quando Stefano è venuto a mancare. Ed io so tanto di loro, forse anche di più di quanto conosca i miei veri zii, perché poi la musica ha questo fortissimo potere di avvicinare le persone come calamite, ed è difficile staccarle dopo!

L’eredità che ci hanno lasciato non è fatta solo di vinili

La musica di quegli anni ha la grandissima capacità di farci sentire protetti, vicini, oserei dire amati. Anche l’ultimo Festival di Sanremo ha dimostrato come crogiolarci nella celeste nostalgia sia uno dei nostri sport preferiti, come se il passato fosse l’ultimo squarcio di gioia che ci resta, quel nascondiglio meraviglioso in cui possiamo cantare a squarciagola Fatti mandare dalla mamma saltando in mutande con una sciarpa arrotolata a farci da microfono, tanto non ci vede nessuno.

Per noi che la Felicità è un panino con un bicchier di vino la malinconia è una pillola di dolcezza.

In questi giorni in cui si celebrano, a buon diritto, i compleanni dei due Lucio nazionali Dalla e Battisti, avverto questo sentimento profondersi come polline a primavera. Ma non è esattamente una coperta di seta che ci avvolge, somiglia più a radici che si intrecciano tra di loro sotto una spessa coltre di terra.

Di Dalla, Battisti e dei lasciti generazionali

L’ho avvertito fortemente leggendo un articolo di Francesca Papasergi dedicato alla intricata, egoistica, vicenda dei diritti d’autore di Lucio Battisti. L’incipit dell’articolo riguarda, anch’esso, la famiglia

Una delle persone che amo di più al mondo, mio zio Pasco, è un fan sfegatato di Lucio Battisti. Ho visto foto di quando aveva ancora tanti capelli, gli somigliava pure. Ciò vuol dire che sono stata esposta alla musica di Lucio sin da quand’ero molto piccola. Conosco interi album a memoria, pure i pezzi sfigati che non passano mai in radio.

Ci sarà tempo, poi, per la critica feroce, per il diniego, per la ribellione. Ma quel tempo, quello della meraviglia, ha il sapore dei giorni amati, protetti, leggeri, sempre con la stessa colonna sonora che ci verrà incontro dicendoci ‘Vieni con me, ti accompagno io’ ogni volta che il nuovo ci spaventa.

Un legame che si rafforza nel tempo

Su Lucio Dalla, artista trasversale e ancora molto attuale, le parole si sono sprecate, tra ricordi del passato e storie più recenti legate alle sue canzoni, ma oggi, 4 marzo, mentre scrivo ho ancora negli occhi il primo post che ho letto stamattina, in cui Luca Volpe ricordava Lucio Dalla proprio attraverso i suoi ricordi d’infanzia prima del divorzio dei suoi genitori.

E mi perdoni anche William Volpicella se mi permetto di citare anche lui se ‘nell’epoca in cui condividere la bellezza sarebbe semplicissimo, grazie ai mezzi, ci dimentichiamo troppo spesso di farlo’ perché nel suo caso, un po’ più particolare, il ricordo musicale è direttamente una questione di famiglia, visto che suo padre era proprio uno dei musicisti citati.  

Tutta questa carrellata di post rubati qua e là per dimostrare che la nostalgia che ci attanaglia deriva dal nostro sentirci orfani di qualcosa che non c’è più e che non si può sostituire. C’è chi storce la bocca quando confesso di essere Poohlover da sempre, ma io, ben conscia che dopo Musicadentro la loro carriera musicale è stato tutta uno srotolarsi verso il mainstream, so che se dico Pooh non intendo Piccola Katy, e che se cito ‘e scoprirlo un mattino d’estate può pesare un po’ e vedo degli occhi brillare, io riconosco in quella persona una parte della mia vita. E partono i ricordi non condivisi ma comuni, i richiami, le lodi sperticate…

…ed un estraneo qualunque diventa di famiglia

Che siano i Pooh, Dalla, Battisti, Mia Martini o Mina il risultato non cambia Chi li segue grazie all’asse ereditario sente di far parte di una élite esclusiva, in cui ci si sente a casa e si appartiene nel senso più profondo della parola. E solo lì dentro si possono fare critiche alle canzoni, alle stonature, ai vestiti, perché i panni sporchi si lavano in casa!

Ed io mi chiedo invece se oggi, ad esclusione di pochi eletti (ho già detto Niccolò Fabi?) c’è qualche artista, brand, atleta o personaggio famoso che abbia capito l’importanza del tessere relazioni, ancor prima di vendere il proprio prodotto. Se è chiaro che i legami che si possono trasmettere di generazione in generazione sono quelli che resistono alla tentazione di cedere al momento e superano la tentazione di destare scalpore, del ‘purché se ne parli’, dell’alzare polveroni inutili attorno a polemiche sterili che domani non ricorderà più nessunə.

Mi chiedo anche se c’è qualcunə che faccia dei ‘grandi numeri’ un punto di arrivo, ma non necessariamente un obbiettivo. Qualcunə che prediliga il rapporto con le persone alla percentuale delle visualizzazioni, che ispiri fiducia e sicurezza, che sia esempio di valori condivisi e tramandabili.

Però, da comunicatrice, vorrei anche un pubblico più attento, più consapevole e meno effimero.
Con uno sforzo da entrambe le parti, forse, avremo anche un’eredità da lasciare alle future generazioni, fatta non solo di vinili.

Cosa resterà di questi anni 2020?


Di parole, di pensieri e di canzoni che generano fiducia ne parlo, ogni tanto, nel mio canale Telegram, vieni di là a pensarci insieme, dai!

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