Comunicare non è coinvolgere

Coinvolgere non è collaborare

È da un po’ che ho smesso di lavorare da sola.

La mia partita Iva, che poi è il mio grillo parlante, dice che sono una libera professionista e che non ho dipendenti. Formalmente ha ragione lei, ma mente sapendo di mentire. Nel mio lavoro coinvolgere ed essere coinvolta è fondamentale, non è solo collaborare.

Come potrei mai essere del tutto libera? Dovrei lavorare da sola? La comunicazione è parte integrante della progettazione, ideazione e programmazione di un evento o di un progetto, sarebbe quindi impensabile far tutto da sola. Poi è vero che non ho dipendenti, ma collaboratori sì, eccome.

Coinvolgere è la componente più stimolante del mio lavoro. Strategicamente ogni brand dovrebbe creare ponti e collaborazioni per espandere i propri orizzonti professionali, ma coinvolgere è un verbo che richiede più attenzione.

Divertente scoprire che la Treccani predilige descrivere per prima l’accezione negativa, sottolineando la responsabilità sottintesa nel coinvolgimento. Ecco, la consapevolezza nella scelta di una collaborazione rende tutto diverso, più profondo. Interessare, rendere partecipe l’altro.

coinvòlgere v. tr. [comp. di co1 e involgere] (coniug. come volgere). – Trascinare con sé in una responsabilità o in un danno: caltri (e, nel passivo, esseretrovarsi coinvoltoin uno scandalo. Per estens., associare: c.essere coinvoltoin un’azione di protesta; anche, interessare, rendere partecipe: bisogna c. tuo fratello nell’organizzazione della festa. ◆ Part. pres. coinvolgènte, anche come agg. (v. la voce).

Coinvolgere non è collaborare

Ma il coinvolgimento ha in sé un romanticismo antico, fatto di ingenua sensualità, non di seduzione manifesta. Se fosse un gesto sarebbe un abbraccio avvolgente, non una stretta di mano alla pari. Lavorare con persone coinvolte produce vortici travolgenti che, inevitabilmente, il pubblico percepisce.

Opera di Teresa Ciulli

E uno degli scopi del marketing e della comunicazione non è proprio nel coinvolgere il pubblico per la costruzione, giorno per giorno, di un rapporto stabile e duraturo?

Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra.
– Ma qual è la pietra che sostiene il ponte? – chiede Kublai Kan.
– Il ponte non è sostenuto da questa o da quella pietra, – risponde Marco, – ma dalla linea dell’arco che esse formano.
Kublai Kan rimase silenzioso, riflettendo. Poi soggiunse: – Perché mi parli delle pietre? È solo dell’arco che mi importa.
Polo risponde: – Senza pietre non c’è arco.

Le città invisibili” di Italo Calvino

Ogni pietra è importante affinché il ponte si regga, coinvolgere il singolo determina la robustezza dell’insieme, anche davanti alle difficoltà, non basta collaborare. Per questo credo molto nel potere dell’affrontare le cose INSIEME. L’unitarietà diventa coraggio.

E reggere un tale peso, singolarmente o insieme, non è semplice. Serve che ognuna delle pietre abbia una motivazione personale per stare lì a reggere. Serve responsabilità.

Wrapped Theatre, omaggio a Christo

Vi racconto, ad esempio, di quando, con la squadra del teatro _da allora denominata Crew!_, immaginando le possibili variazioni nel primo festival teatrale post pandemia in Italia, Il tempo dei Piccoli, si discuteva di come affrontare la riapertura dei teatri il 15 giugno successivo. Coscienti del fatto che la ripresa sarebbe stata solo sulla carta (le normative anticovid ci hanno costretto ad una revisione totale del concetto di spettacolo) cercavamo un’azione importante, che potesse rimarcare la nostra posizione al pubblico.

Pochi giorni prima era venuto a mancare Christo, l’artista impacchettatore, che il 13 giugno avrebbe festeggiato il suo compleanno.

Esponente esemplare della land art dagli anni ’60 in poi insieme alla sua compagna Jeanne-Claude, Christo impacchettava monumenti ed elementi paesaggistici per esaltarli. Celare l’oggetto era un fattore scatenante della sua filosofia artistica, in quanto l’oggetto nascosto, in realtà, ne era risaltato perché immaginato, ambito. Il soggetto esiste, è sotto i nostri occhi, ma tolto al nostro sguardo rivela tutto il vuoto che lascia il suo non esserci.

Quale metafora migliore per il teatro in Italia durante una pandemia?

Inoltre, Bruno dei Kuziba scopre che il primo progetto della coppia più famosa della land art in Italia sarebbe stato proprio l’impacchettamento del teatro di Spoleto, nel giugno 1968, opera mai realizzata e virata sulla Fontana della Piazza del Mercato e del Fortilizio dei Mulini, in occasione del Festival dei due mondi

E così, tra un bicchiere di vino e un piatto di orecchiette, Bruno ha detto ‘Impacchettiamo il teatro!’ poi, interrogandoci ad uno ad uno ha chiesto ‘Impacchettiamo il teatro?’ Nessun paio di occhi ha ceduto, a turno tutti abbiamo risposto ‘Impacchettiamo!

Quindi il 14 giugno ci siamo visti tutti al pub sotto il teatro, fingendo di aver semplicemente bisogno di tante birre, ma come la Banda Bassotti abbiamo aspettato che iə passantə si confondessero con la notte.
All’alba della mattina successiva il teatro Garibaldi era coperto da uno spesso strato di plastica (poi riciclata!) e stava per essere messo in sicurezza annodando le spesse cime utilizzate per le scenografie.

Con il primo caffè il teatro si mostrava ad ogni biscegliese come un teatro da spacchettare, come un dono inatteso. Lo stupore di un gesto imprevisto ha riportato l’attenzione sul teatro inospitale da mesi, certo non per sua volontà, perso nell’oblio della paura. All’improvviso la città pareva accorgersi di avere un teatro.

La prima foto dell'impacchettamento
La prima foto dell’impacchettamento

‘Stamattina ci siamo svegliati a Berlino’

Ha detto in un’intervista l’assessora al marketing territoriale Rosalia Sette e noi ci siamo sentitə un po’ abusivə, un po’ eroə. Abbiamo lavorato una notte intera, chi più, chi meno, ma abbiamo lavorato tuttə. Per ricompensa, la soddisfazione di aver condiviso un’esperienza unica e fortemente simbolica.

La forza del coinvolgimento smuove montagne e se la montagna è grande serve coinvolgere più persone, non basta collaborare! Però è necessario che tuttə sentano che quel risultato gli appartiene, che la spinta per percorrere un pezzo di strada insieme è la stessa per tuttə, che si possano condividere vittorie e responsabilità.

Mi piace molto condividere percorsi con glə altrə, non sempre è facilissimo procedere alla stessa velocità, ma il bello dell’insieme è proprio il potersi confrontare con la diversità, adeguarsi, sentirsi liquidə.

Racconterò i viaggi condivisi con l’#coinvolgere, magari un giorno nasceranno dei progetti insieme a te. Se ne hai voglia o hai già qualche idea scrivi@mariablu.it

Adesso ti va di Creare? O vuoi Comunicare?

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