la stessa canzone
Coinvolgere,  Comunicare

I social suonano sempre la stessa canzone?

Nel 2020 gli Eugenio in via di Gioia hanno calcato il palco del festival di Sanremo con la stessa canzone che aveva aizzato il pubblico di Sanremo Giovani.

Sono stati lì per sette minuti esatti, la partecipazione più breve di tutta la storia del festival di Sanremo. Arrivati per concorrere tra le Nuove Proposte hanno perso contro Tecla proprio nell’anno in cui hanno sperimentato l’eliminazione diretta.

A loro il compito di aprire quell’edizione, ma sono stati anche i primi a scendere. Tra i Vip che li hanno sostenuti anche Adriano Celentano, che di esclusioni ne sa qualcosa: “Non preoccupatevi ragazzi! È successo anche a me con Il ragazzo della via Gluck che fu bocciata due volte: dalla giuria e dai giornalisti”.

Non mi soffermerò sulle evidenti differenze, numeri compresi, ma per me la Tecla più famosa resta il ragno dell’Ape Maia, mentre gli EIVDG hanno raccolto fondi per ripiantare una foresta in trentino, sono diventati ambasciatori di Torino nel mondo e hanno firmato la sigla del Fantasanremo 2023.

Ma vogliamo parlare dei grandi esclusi alla kermesse canora? Andiamo da Lucio Battisti a Tiziano Ferro, da Fabrizio de André a Francesco Guccini, da Francesco De Gregori a Coez, a Carmen Consoli, solo per citarne alcuni. Spesso rincorrere il mainstream non paga.

E poi ci sono loro, dalle stelle alle stalle… I Jalisse, i più esclusi di sempre che, dopo aver vinto l’edizione del Festival del 1997, con la conseguente partecipazione all’Eurovision Song Contest, hanno riprovato ad accedere alla gara canora senza mai superare le selezioni per altri 26 anni.

Non sto qui a fare critica musicale

Non ne ho gli strumenti, ma di contenuti e scelte posso parlarne, sì.

Me lo ricordo benissimo, era il 1987, avevo 10 anni, è stato il Festival più visto della storia, tra incidenti, super ospiti e Patsy Kensit denudata all’improvviso, Pippo Baudo e Solenghi Marchesini Lopez, un ancora etero Gabriel Garko e la morte di Claudio Villa annunciata in diretta.
Analizziamo: ero in target con il pubblico? Assolutamente no. (Spoiler, non lo sarò neanche per i 36 anni successivi)

Ricordo che vinse Si può dare di più, cantato da Tozzi, Morandi e Ruggeri, una sorta di inno patetico-pop di cui l’Italia ha sempre bisogno. Tra gli altri anche Fausto Leali con Io Amo, Albano e Romina con Nostalgia Canaglia, Fiorella Mannoia con Quello che le donne non dicono e La Notte dei pensieri di un giovane Michele Zarrillo.

Puro divertentismo, insomma.

Non rientravo negli algoritmi e la mia opinione non aveva alcun peso ma, nonostante la presenza di Albano e Romina che con il loro Ballo del Qua Qua avevano fatto da colonna sonora alle mie condensatissime doti coreutiche nel 1982 occupando un posto nel mio cuoricino, io non avevo dubbi: la canzone che per me meritava il podio era Il Garibaldi innamorato di Sergio Caputo.

Ero stata conquistata al primo ascolto di quel brano poco fanciullesco ma musicalmente molto simpatico in cui finalmente vedevo l’aspetto tenero di un Garibaldi ricercato in tutti i mari del sud, ma non si può tagliar la barba per questioni di look… di cui sentivo parlare solo a scuola. Però da allora non ho smesso un attimo di seguire Sergio Caputo, pur nelle sue controverse avventure: un Cuore matto, il mio!

Sono fuori dal target del divertimento, questo è quanto

La cosa più difficile da fare in comunicazione è ritrovare la me decenne che si innamora di un Garibaldi a sua volta innamorato, giurando amore, un amore eterno. Ma continuare a cercare sempre negli stessi luoghi non ha molto senso, serve un Nuovo swing.

Ogni volta che parlo di strategia con i miei clienti la resistenza arriva sempre sullo stesso argomento, quando spiego che bisogna insistere su canali diversi da quelli già abitati la loro risposta è sempre “Io non voglio fare quello che fa X*, Non ho l’età

*Dove X sta per il/la collega più o meno famosə che ha già scelto quel social utilizzando un linguaggio diverso dal nostro (a volte anche dal suo) magari divertendo, magari mettendosi in ridicolo, magari sperimentando, comunque oggetto di critiche ma anche di notorietà.

Difficile sradicare il presupposto secondo il quale per stare su un social devi fare quello che fanno tuttə. L’approccio giusto, invece, è quello nostro di 13 anni fa, quando su Facebook eravamo in pochi e navigavamo al buio per cercare di scoprire le funzionalità di quello spazio strano e sconosciuto.

Eravamo 4 amici al bar, in pratica.

All’epoca scrivevamo i post in terza persona, ma perché?

Ci sentivamo a casa ma in mostra, in una nuova comfort zone tutta da colorare a piacimento. Non esistevano trends e non conoscevamo gli insight, i numeri erano solo quelli dei compleanni e non c’era nessuno da imitare. Erano Storie di tutti i giorni, andavamo a ruota libera o, meglio, ‘a sentimento’.

La differenza la fa proprio questa impostazione: scrivere per condividere invece di mostrare e dimostrare.

L’ansia da visualizzazioni ci ha ribaltato l’idea di condivisione, abbiamo perso la spontaneità di pubblicare un post per puro piacere, coinvolti come siamo dalle metriche dei like e commenti. E così preferiamo social saturi di profili e contenuti piuttosto che quelli ancora inesplorati e da poter contaminare, in cui esiste il pubblico che fa per noi e che sente il bisogno di qualcosa di diverso.

Presiedere un social nuovo è una buona opportunità per esplorare nuove forme di sé stessi, sentirsi ingenuamente liberi di esprimersi ‘per vedere di nascosto l’effetto che fa’ e offrire un contenuto diverso a chi ci incontra sulla home.

Cantare la stessa canzone degli altri ci porterà forse visualizzazioni immediate, ma non aggiungerà nulla alla memoria di chi legge. Invece cantare fuori dal coro, utilizzare lo stesso strumento con una melodia diversa, questo sì che ci aiuterà a diventare memorabili e a raggiungere chi condivide le nostre intonazioni.

Non ti cambierei
per nessun altro al mondo giuro
mi piaci come sei
per le cose che fai
non ti cambierei
perché ogni giorno
è un giorno nuovo insieme a te
sento quest’amore crescere
dentro di me
non ti cambierei

Un altro amore no, l’imperdibile Lorella, la più amata dagli italiani

E allora Musica, Maestro!

Se gli Eugeni avessero proposto un brano sanremese non avrebbero raggiunto i loro obiettivi, se i Jalisse non avessero vinto avrebbero avuto modo di approfondire artisticamente sé stessi invece di cullarsi del premio mainstream che li ha traditi.  

Spesso, nell’analisi dei nuovi clienti, scopro più contenuti efficaci nei loro profili personali che in quelli professionali, perché la libertà di essere sé stessi è molto più interessante per il nostro pubblico rispetto alla rincorsa eccessiva ai grandi numeri dalle poche speranze.

Ora spetta a voi decidere se arrivare in bici a Sanremo accompagnati dai vostri fan più affezionati, oppure perdervi nei Fiumi di parole di contenuti che il vostro pubblico conosce a memoria ma che non convince più.

Sono tutti stanchi di sentire sempre la stessa canzone e hanno voglia di novità.

Allora, io che lavoro con te Non voglio mica la luna o scalare Montagne verdi, ma Almeno tu nell’universo lo sai che Gli altri siamo noi? E che sono Gli amori diversi quelli che non fanno dire al tuo cliente ‘Ti lascerò’? Non sarà un’avventura ma Una storia importante, Vedrai vedrai.

Siamo noi Il mare più grande che c’è in questa Piazza Grande, basta Un’emozione da poco.

Quindi, in conclusione: Contenuti sì, contenuti no. Io scelgo La terra dei cachi. E tu?


Di parole, di pensieri e di canzoni che generano cambiamenti ne parlo, ogni tanto, nel mio canale Telegram, vieni di là a cantare insieme, dai!

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