color carne
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Il color carne e lo speziale di Michelangelo

Quando dipingevo spesso, dai tempi dell’accademia in poi, uno dei colori che acquistavo in maggior quantità era il color carne. La scelta non era dovuta soltanto alla gran quantità di pelle che coloravo dipingendo corpi nudi, ma avevo anche motivazioni puramente tecniche; infatti, lo compravo anche nei rari casi in cui non dipingevo figure o volti.

In pittura gli errori e le sbavature non sono ammessi se non stai dipingendo ad olio. I colori acrilici hanno densità diverse e, se il pennello tende ad estendersi un po’ troppo non è il caso di correggere subito il tiro perché il colore a fianco tende a confondersi con quello sbagliato dando vita a sfumature inattese e, spesso, non desiderate.
I colori acrilici hanno densità diverse, a prescindere dalla tonalità. Ed è per questo che per correggere gli errori il bianco non è sempre sufficiente, risulta troppo trasparente per coprire bene.

Una spatolata di color carne e, voilà, appena asciutto sarà come prima, meglio di prima!

Ma sì, perché poi il color carne non è mica sufficiente per dipingere un corpo, serve mescolarlo ad un Terra di Siena naturale per renderlo più caldo, a un Terra di Siena bruciato per ottenere le parti più in ombra, o addirittura un Terra Ombra bruciato per gli incarnati più freddi. A volte serve un Blu di Prussia, o un Rosso di Marte, dipende dalla luce generale.

Particolare di L’accoglienza, acrilico e foglia oro su tela, 2004

La verità è fatta di sfumature, tante!

Il color carne, da solo, non rende giustizia alla realtà.

Anche il trucco non può restare lo stesso per tutte le stagioni! Io, per esempio, da brava winter quale sono (come armocromia comanda) in inverno sono diafana come Biancaneve, ma d’estate l’abbronzatura richiede un bel po’ di terra ombra bruciata.

Pochi giorni fa sono andata, per esempio, a comprare il mio fondotinta per l’inverno: la tonalità più chiara per l’incarnato roseo, quello che corrisponde perfettamente alla tinta carne, per intenderci.

Aveva uno strano bollino fucsia, mentre per gli altri colori il bollino era rosso. ‘Ci saranno ancora i saldi’ ho pensato. Infatti, in cassa la commessa mi dice che, al prezzo di uno, posso prenderne 3! Wow!

Sono tornata a casa con una scorta di fondotinta per tre inverni, ma un dubbio mi tormenta: se la mia tonalità di make-up corrisponde perfettamente alla Tinta Carne per eccellenza, quella riconosciuta anche dal dizionario, allora perché è in svendita al 70% di sconto, come si fa di solito con i prodotti meno venduti? Non sarà, forse, che questa definizione di Color Carne è un po’ troppo sovranista?

E comunque a 20 anni avevo i capelli blu

“Color carne: di colore rosa pallido, simile a quello della carne umana.”

Si legge su Treccani.

Ma che vuol dire? Io all’asilo disegnavo tutti con i capelli marroni perché in famiglia eravamo tutti castani, ma sul vocabolario non esiste il Color Capello, perché non ne esiste soltanto uno! Anzi, ogni giorno il mio parrucchiere propone sfumature diverse, allora perché il color carne deve essere unico?

Il rischio è che basti un colpo di spatola su una tela o un colpo di spugnetta sulla mia couperose per nascondere tutte le bellissime tonalità delle nostre carnagioni. Ma non sono proprio le diversità a renderci unicə e speciali?

Confesso l’utilità, tecnicamente parlando, di avere una tinta carne che sia da base per ottenere le varie tonalità di colore della pelle, ma non le si può trovare un nome diverso? Un nome un po’ meno assolutista?

Volto di bimba, la Meraviglia, 2014, acrilico su Sole24ore

Era il garzone a realizzare le tinte a Michelangelo

Anche Michelangelo, per realizzare la Cappella Sistina, non comprava dallo speziale il color carne, ma una serie di pigmenti che il garzone avrebbe poi mescolato per ottenere una tinta simile al colore della pelle e che, stesa sul verdicchio, avrebbe dato vita a meravigliose ombre e luci.

Possiamo, quindi, annoverare il titolo di Tinta Carne tra le invenzioni del marketing? Esattamente come è successo alla spartizione rosa per bambine e celeste per maschietti, possiamo iniziare a rendere certe definizioni desuete e superate?

Se lo sta chiedendo il progetto colorcarne.it con il claim “Cambiamo colore al color carne, da rosa a tutti i colori dell’umanità.” Non vende nulla, ma dona tanto. Regala la possibilità di ampliare gli orizzonti, cancellare l’omologazione e rendere più inclusivo ogni prodotto, pensiero ed etichetta.

Basta visitare il loro sito per scoprire il colorimetro delle gradazioni del mondo, ma anche i brand che hanno riconosciuto questa esigenza ampliando la produzione e capire che, spesso, basta davvero un attimo per cambiare il senso delle cose. Pure quello dei colori.

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