Humans di Eleina D
Comunicare

Humans, dove nasce un’idea

Durante la gestazione di Humans il mondo non era quello di oggi.

Quando Humans ha debuttato, la pandemia era solo paventata ma sembrava un’ipotesi lontana.

Poi, quando io ho incontrato Humans ho avuto l’impressione di aver già visto, o vissuto, certe immagini.

C’è un filo invisibile che collega l’artista al futuro e si chiama visione. Funziona come in uno specchio: più a fondo vai, più riesci a guardare dal cielo. Anzi no, è come nelle oscillazioni: la potenza verso l’interno provoca una reazione uguale e contraria verso l’esterno.

Così fa l’arte, attinge al vissuto e preannuncia il futuro.

Cos’è Humans?

Humans è uno spettacolo della Compagnia Eleina D, coreografato da Vito Cassano, che indaga il viaggio di costruzione del sé e del proprio Narciso, per poi imparare a confrontarsi con gli altri, misurare il proprio ego e le proprie emozioni nei confronti della società.

Non commenterò la bravura di chi va in scena, la loro energia dirompente, le reazioni che ti scatena dentro: l’immedesimarsi negli accadimenti che si alterna con la sensazione di star lì ad osservare la vita privata də danzatorə come dei voyeur. Poi non vi parlerò della loro perfezione in scena, della commovente bellezza che sanno rappresentare, dell’equilibrio devastante che ti spettina i pensieri per consolarti in una zoppicante realtà.

Certo, non vi dirò dell’evidente bisogno di tornare ad un contatto umano durante la pandemia, di ridurre la plasticità degli incontri on line, dei cambiamenti che hanno provocato in noi e delle difficoltà che proviamo, tuttə. Non considererò tutto questo perché non mi sento all’altezza di farlo, perché sarei di parte ma, soprattutto, perché voglio concentrarmi sulle scelte comunicative che abbiamo fatto.

Comunicare la complessità dell’essere umano

Comunicare vuol dire tradurre, in alcuni casi ridurre, la complessità di un concetto trasformato in gesto, per renderlo più fruibile, trovare una ‘traccia’ che sia riconoscibile dal pubblico.

Per questo io, chiamata in causa per comunicare uno spettacolo che non avevo visto, come potevo raccontarne l’anima? Ho deciso di chiudere fuori il resto e farmi attraversare dalle foto e video che avevo a mia disposizione.

Ho guardato con attenzione e si sono aperti i cassetti della memoria, quelle immagini le avevo già viste, dovevo solo capire dove. Allora mi sono messa a cercare on line le fotografie più utilizzate dalla stampa mondiale per raccontare conflitti e cronache. E lì ho trovato tutto. Fino alle lacrime, fino al vuoto nello stomaco.

Perché quando metti insieme l’atto artistico più puro di un coreografo, də ballerinə e di due fotografə il risultato può essere sorprendente. Io, dalla mia, ho soltanto unito i puntini di una costellazione che già esisteva. Scartabellando tra le fotografie ho capito dove le avevo viste, ognuna di loro, ed è nato #HumansRacconta

‘Humans racconta’ la nostra società, il nostro essere umani

Quando è nata l’urgenza di fare uno spettacolo su questo tema Vito ha preso spunto dall’opera di Salvador Dalì Le metamorfosi di Narciso. Alcuni elementi presenti nel dipinto si vedono anche nella coreografia che porta alla luce, attraverso dinamiche e simboli molto precisi, l’evoluzione dell’io dalla nascita fino alla relazione con gli altri. In un primo momento ə ballerinə portano in scena in una versione primordiale di sé stessi, sono nudi nella realizzazione della loro personalità.

Nella seconda parte, più contemporanea, il teatro-danza ci permette di assistere a scene familiari a moltə di noi, in cui non è necessario sentire le loro parole per capire cosa si stanno dicendo. Filo conduttore dello spettacolo è la necessità di trovare un equilibrio tra la corazza costruita dalla nostra personalità e il bisogno innato di amare ed essere amati.

Cos’è, in fondo, a provocare tutto questo se non un ego fuori misura che ci porta a definire la nostra relazione con glə altrə? Ed è nell’evoluzione, nei cambiamenti, nella fluidità che questo spettacolo trova spazio, nelle esigenze del singolo essere umano che lo mette in connessione con il resto del mondo.

Attualizzare, decodificare e rendere familiare è stato il mio, semplice, compito.


Humans racconta SEETHING WITH RAGE

JOHN MINCHILLO ph – MARIAGRAZIA PROIETTO Ph

Un fiume di manifestanti invade le strade di Twin Cities in un vortice di fuoco e rumori. Protestano per difendere George Floyd, un uomo di colore americano, morto quando l’agente di polizia di Minneapolis Derek Chauvin si è inginocchiato sul suo collo per quasi 9 minuti e 30 secondi durante una sosta per un presunto reato minore.
Implorando per la sua vita, le sue suppliche per la mancanza d’aria e le sue grida ‘I can’t breathe’ sono esplose attraverso i social media, mettendo a nudo il marciume dell’ingiustizia razziale e dell’oppressione che avvelenano la vita americana sin dal suo inizio.
Scene di violenza, dolore, confusione, indignazione e speranza nella creazione di un mondo migliore.

Humans racconta IL PRIMO ABBRACCIO

World Press Photo of the Year 2021

MADS NISSEN ph – MARIAGRAZIA PROIETTO Ph

Rosa Luzia Lunardi (85) è abbracciata dall’infermiera Adriana Silva da Costa Souza, presso la casa di cura Viva Bem, a San Paolo, in Brasile.
Questo era il primo abbraccio che Rosa riceveva in cinque mesi. A marzo, le case di cura in tutto il paese avevano chiuso le porte a tutti i visitatori a causa della pandemia di COVID-19, impedendo a milioni di brasiliani di visitare i loro parenti anziani. Agli assistenti è stato ordinato di mantenere il contatto fisico con i vulnerabili al minimo assoluto. Al Viva Bem, una semplice invenzione, “The Hug Curtain”, ha permesso alle persone di abbracciarsi ancora una volta nel rispetto di tutte le normative vigenti anticontagio.
Il Covid 19 ha trasformato i naturalissimi abbracci in un grave pericolo di contagio e, per molti, di morte. I nostri corpi, abituati al contatto stretto con altre persone, ad un certo punto hanno dovuto adattarsi alla distanza, sentendone fortemente la mancanza.

Humans racconta I ROHINGYA, L’ALTRO DRAMMA DEI MIGRANTI IN MARE

GIANPAOLO TARANTINO Ph per Linkiesta.it – ALBERTO REINA Ph

Migliaia di persone bloccate in mezzo al mare senza acqua e cibo. Si gettano in acqua per cercare di afferrare dei viveri lanciati da un elicottero di soccorso. È un’altra tragedia dell’immigrazione globale. Non quella che l’Europa sta affrontando nel Mediterraneo, ma quella del Sudest asiatico.
Il 16 maggio 2015 un’unità della Marina thailandese ha rimorchiato un barcone al largo delle isole meridionali della Thailandia, nel Mar delle Andamane, per portarlo fuori dalle sue acque territoriali e verso l’Indonesia. Secondo l’agenzia Onu per i rifugiati, erano almeno duemila le persone al largo delle coste di Myanmar e Bangladesh, ostaggio da settimane e in condizioni tragiche dei trafficanti, chiedendo di essere pagati per sbarcarli.
L’esodo dei rohingya è diventato un fenomeno sempre più massiccio. Secondo Foreign Policy, si è trattato del più grande “esodo di massa” in Asia dai tempi della guerra in Vietnam. Questa popolazione di origine musulmana che vive principalmente in Myanmar viene considerata dall’Onu la più perseguitata del mondo.

Humans racconta NIEWYBUCH III

NATALIA KEPESZ ph – ALBERTO REINA Ph


07 agosto 2020 – Mateusz si esercita a nuotare con un’arma, in un campo militare estivo a Mrzeżyno, in Polonia.

Le organizzazioni militari per bambini, come le scuole militari, i club del fine settimana e i campi estivi, sono popolari in Polonia. I campi estivi militari per i giovani esistono in Polonia dagli anni ’20. I giovani partecipanti vengono sottoposti a campi di addestramento, sfidati fisicamente e mentalmente e ricevono istruzioni, spesso su ex campi di addestramento dell’esercito, in abilità come tattiche, sopravvivenza, autodifesa e topografia. Gli viene anche insegnato a sparare, usando fucili ad aria compressa e talvolta replica di armi come mitragliatrici e lanciagranate. I campi sono promossi come opportunità di avventura e ricreazione, e come costruzione del carattere e incoraggiamento del lavoro di squadra. Gli organizzatori sostengono che partecipare a giochi con armi replica impedisce ai bambini di cercarne di vere. Il patriottismo e il nazionalismo svolgono un ruolo significativo nell’istruzione scolastica.

Humans racconta LA BATTAGLIA PER MOSUL

IVOR PRICKETTph – MARIAGRAZIA PROIETTO Ph

I civili, rimasti nella parte occidentale di Mosul dopo la battaglia per la liberazione della città, in fila nel quartiere di Mamun il 15 marzo 2017 su commissione del The New York Times.
L’esodo ha avuto inizio poco più a nord, a Mosul, dove è stata avviata l’offensiva diretta oltre la riva occidentale del fiume Tigri, per conquistare la più importante roccaforte dell’Isis in Iraq. Una città di grande importanza strategica, posta all’estremità orientale dell’asse che la collega a Raqqa, in Siria. Proprio qui, a Mosul, il leader del califfato Abu Bakr al-Baghdadi ha deciso di benedire la nascita del suo stato islamico. Era il 29 giugno 2014, l’annuncio fu dato nella moschea al-Nuri divenuta un luogo dal profondo valore simbolico per i miliziani dell’Isis, ora disposti a tutto pur di difenderla dall’avanzata delle truppe irachene, arrivate a soli 400 metri dal luogo di culto.
Gli scontri avvenivano di quartiere in quartiere, lentamente, con l’incognita dei cecchini, delle trappole esplosive e delle autobombe e degli attentatori suicidi. Per fuggire si è disposti a tutto, anche a sedare i più piccoli affinché non piangano rivelando ai miliziani di guardia la propria posizione durante la fuga. Essere scoperti a scappare ha un costo altissimo: gli uomini sono giustiziati, le donne a volte legate all’aperto per tutta la notte ed esposte al freddo.

Humans racconta SOS MEDITERRANEE

ANTHONY JEAN Ph – ALBERTO REINA Ph

Il 20 Marzo 2021 la Ocean Viking ha salvato 106 bambini, donne e uomini da un gommone strapieno in pericolo in acque internazionali, a 34 miglia nautiche dalla Libia.
Una persona ha perso conoscenza, è stata portata sulla nave e si sta riprendendo. Diversi naufraghi erano in stato di forte disagio emotivo.
Un gruppo di 106 migranti era stato salvato prima dell’alba di sabato scorso, 34 miglia al largo di Sabratha. Tra loro, 67 minori, dei quali 51 non accompagnati, 8 sono donne e 31 uomini adulti. Tutti provenienti da Paesi dell’Africa occidentale. Gli altri dieci migranti, che erano su un barchino in vetroresina, erano stati recuperati 36 miglia al largo di Mellitah.
Poche ore prima, proprio davanti alla Libia si era consumata l’ennesima tragedia: una barca con un centinaio di migranti a bordo aveva preso a fuoco e a salvarsi, grazie ad alcuni pescatori che erano in zona con le loro barche, erano stati in 45, riportati poi in Libia. Tutti gli altri, una sessantina secondo Alarm Phone, sarebbero invece morti o per l’esplosione che ha preceduto l’incendio o annegati.

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